Mi piace considerare la supervisione un momento di raccoglimento volto all’espansione. Si raccolgono emozioni, pensieri, fatti, racconti, sensazioni, idee e, nella ricerca di un nuovo senso, si espande il campo di comprensione di sé, dell’altro e della relazione umana e professionale.
È un momento di incontro di emozioni e pensieri, di storie incrociate, di persone reali e fantasmatiche, un incontro che ha il sapore della condivisione, del sostegno reciproco, dello stimolo e della crescita.
Un posto comodo dove si possono incontrare i problemi scomodi di un lavoro che si fonda sulla relazione umana prima che professionale. Una relazione che si colora di tante emozioni che possono ostacolare il lavoro o al tempo stesso renderlo un’esperienza unica.
Il posto ideale dove incontrare tutto questo è il gruppo dei colleghi. Il gruppo arricchisce, dando voce attraverso l’altro a emozioni, pensieri e storie che possono essere vissute anche da altri ma a cui non si era dato ancora un nome; sostiene, creando quella co-partecipazione che dà il senso dell’appartenere a un processo più ampio condiviso da altri, ci aiuta a definirci, chiedendo la necessaria chiarezza nell’esposizione del nostro lavoro.
Cerco dunque di guidare il gruppo affinché in esso si sviluppino processi affettivi ed elaborativi tali da far svolgere al gruppo tutte le sue funzioni.
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Ho realizzato molti corsi di aggiornamento per insegnanti, educatori e operatori sociali, sia su argomenti prefissati dalla committenza sia a seguito di un’analisi dei bisogni formativi dei partecipanti. Questa seconda modalità è quella che prediligo perché mi consente di progettare un intervento più mirato su esigenze concrete e poi di stabilire un clima di gruppo più favorevole all’apertura e al confronto tra i membri che diventano più attivi, più partecipi, maggiormente disponibili a mettersi in discussione e responsabili del processo formativo.