Il mio modello teorico di riferimento è il Funzionalismo Energetico così come rielaborato da Francesco Dragotto. Descriverò in breve da quali assunti teorici parte, quali conseguenze cliniche e sociali comporta. Poi se voleste approfondire l’argomento, potreste consultare il sito SEOr-AIPeF.
La storia di un individuo inizia nel momento
in cui si uniscono un uovo e uno spermatozoo, qualche volta questo incontro è frutto dell’incontro di
due desideri, quello di maternità di una donna e quello di paternità di un uomo, qualche volta no.
Questa “preistoria”, che ogni individuo ha, s’inserisce a sua volta nella storia dei suoi genitori
e di una rete di relazioni familiari, amicali e sociali più ampia.
Dal concepimento fino ai tre anni di età il bambino, che è immerso in un ampio mondo relazionale, non
usa come principale strumento di codifica e decodifica della realtà il linguaggio, quanto piuttosto
tutto ciò che afferisce al linguaggio non verbale. Le percezioni, le sensazioni, le emozioni, il
contatto corporeo sono gli elementi fondanti delle prime relazioni con gli altri e con il mondo.
Nei primi anni di vita impariamo molte cose sulle relazioni e molti di questi insegnamenti rimangono
a un livello implicito, poiché passano per il corpo concreto e non per la parola simbolo.
Sarà per questo che quando qualcuno ci dice che ci ama a parole ma non ne avvertiamo il calore nel
tono della voce e negli occhi siamo molto più portati a credere alle nostre sensazioni che alle parole?
Quando un individuo chiede una psicoterapia, si trova in
una condizione di sofferenza, una sofferenza che nasce nell’ambito di una relazione e spesso di una modalità
relazionale che affonda le sue radici proprio nel passato remoto. Questo passato condiziona potentemente
il presente. Spesso molto più di quanto ci si renda conto.
È possibile ricondurre questa inconsapevolezza al fatto che il passato, oltre ad essere lontano, ha
registrato in noi memorie corporee più che ricordi consci. Se ci fermiamo ad ascoltare il corpo possiamo
far riemergere sensazioni ed emozioni dimenticate ma che agiscono ancora nel nostro presente.
Per fare un esempio immaginiamo un bambino nato in coincidenza di un lutto importante. È possibile che
la mamma e il papà siano profondamente abbattuti e poco capaci di essere sufficientemente coinvolti nel
contatto e nel piacere con il figlio anche per un periodo relativamente lungo. In un'età successiva i genitori
si riprendono e tutto sembra andare liscio. Crescendo potrebbe succedere che questo bambino pur diventando
un adulto sufficientemente sereno nei momenti di maggiore intimità possa sentirsi solo e non amato poiché
il suo corpo ha associato all'esperienza dell'intimità la sensazione dell'essere solo e abbandonato e
inspiegabilmente potrà sentirsi maggiormente in difficoltà nelle relazioni più intense.
Un problema attuale può dunque avere origini remote che non sempre possono essere colte attraverso il
canale verbale. Ecco perché il paziente che desideri sciogliere nodi antichi e profondi che condizionano
il suo presente è chiamato ad ascoltare i sottili e potenti messaggi del corpo che generalmente si ignorano.
Questa visione dello sviluppo dell'individuo ha non
solo conseguenze cliniche ma anche educative, sociali e culturali.
Pensiamo a come possa essere arricchita l'idea di educazione e come possano cambiare profondamente tutti
i dispositivi a sostegno della crescita e della costruzione di una socialità tra bambini, ragazzi, giovani
e meno giovani se si accettasse che l'idea che corpo e mente sono due facce della stessa medaglia e che
costituiscono un'unità funzionale inscindibile...
Ascoltare il corpo anziché "domarlo", lasciare che le sensazioni più profonde guidino l'agire del bambino
e non la sua testa controllante... Un bambino ghiotto che trangugia una caramella e una schifezza dopo
l'altra va bloccato e rimpinzato di nozioni di igiene alimentare o aiutato ad ascoltare più profondamente
le sue esigenze, le sue emozioni, le sue sensazioni affinché queste possano esprimersi senza dover ricorrere
a modalità "perverse"?
Un adolescente che fa uso di sostanze stupefacenti va punito e indottrinato sui potenziali rischi e sulle
possibili conseguenze dell'assunzione o va accompagnato a comprendere la funzione che queste svolgono
nella percezione del proprio benessere/malessere?
Queste domande aprono scenari su un mondo di risposte molto più articolate a mio parere di quanto al momento
le nostre istituzioni educative, sociali e culturali abbiano provato a dare.