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Paola Mancini
Ultimo tango a Parigi visto da Paola Mancini

Lo ammetto, prima della messa in onda su Rai 2 di questa versione restaurata e integrale, lo avevo visto sempre a pezzi, già iniziato, interrotto da pubblicità fastidiose (non che stavolta non ci siano state) ma di fatto non lo avevo davvero mai colto; non come stavolta.
Al di là di ogni apprezzamento cinematografico/filmico, l’ho trovato una vera Opera d’Arte perché, come ogni opera d’arte che si rispetti, trasmette un messaggio universale, la misteriosa difficoltà, impossibilità di vivere l’amore, il sesso, la relazione.
Trovatisi per una fortuita coincidenza in una bolla fuori dal tempo e dalla storia, due esseri umani si incontrano, si annusano e fanno sesso; un po’ come succede nel mondo animale.
Vorrei sottolineare prima di andare avanti che per me il fatto che i due esseri umani fossero un maschio e una femmina, è veramente marginale; avrebbero potuto essere due uomini, due donne, un uomo e un trans, e così via in tutte le varianti della sessualità umana che conosciamo o immaginiamo, non cambierebbe nulla; nulla toglierebbe né cambierebbe al senso universale del messaggio che intravedo.
Per questo non mi concentrerò sul valore storico e culturale del film su cui sono stati scritti fiumi d’inchiostro e su cui forse si è indugiato così tanto da aver offuscato questo messaggio universale che a me arriva. Forse hanno contribuito anche tutte le polemiche, bigotte e legittime che siano o siano state: bigotte come non avrebbe potuto non essere (siamo pur sempre nel paese del Papa), legittime come quelle di chi si è indignato per la presunta realtà del presunto stupro (su questo taglierò corto dicendo che se Van Gogh avesse fatto un capolavoro pittorico utilizzando il sangue di una donna uccisa, il gesto sarebbe esecrabile ma l’opera d’arte rimarrebbe tale).

Al netto di queste premesse, torniamo al centro di ciò che mi ha colpito, di ciò che mi ha toccato...
Facendo sesso come due animali giocosi, desiderosi e mossi dalla ricerca pura di un piacere infinto (pura? O volta a soffocare un dolore? Chi lo sa, interessa? Anche questo potrebbe essere un particolare irrilevante o forse no, vedremo eventualmente in seguito) si scambiamo un piacere carnale senza nome.
Sì, senza nome.
Perché se aggiungo un nome, aggiungo identità; identità umana e dunque aggiungo relazione interpersonale, relazione tra un “Io” e un “Tu”, non solo più tra un maschio e una femmina, ma tra due Persone. Non ancora forse tra un Uomo e una Donna. Forse un maschio che teme farsi uomo e una femmina che scopre il suo desiderio e la sua paura di farsi donna.
Se non aggiungo nome, posso vivere una dimensione onirica, dove il confine tra reale e immaginato è labile ma, allo stesso tempo, costruisce uno spazio protetto definito dove tutto è concesso, senza filtri interni perché il filtro è fuori a definire lo spazio senza nome.
E mentre lo scambio carnale si fa più intenso, più affamato, più estremo, più disperatamente avido, cresce il bisogno di relazione, di sapere chi è l’altro, se tutto questo sesso, gioco, dolore, può diventare vita: uscire dalla bolla, entrare nella vita per scoprirsi veramente nudi.
La nudità del corpo è nulla rispetto al mettersi a nudo scoprendo le proprie emozioni, oltre le maschere di maschio e di femmina, oltre e dentro la paura di essere feriti, traditi (non nel sesso ma nella relazione, vedasi il monologo con la moglie morta) oltre la difficoltà di lasciar vibrare una vitalità piena nella vita reale e non solo nella bolla...
Rispetto a questa possibilità che inizialmente lui aborrisce e lei ricerca, la scena si capovolge quando lui rompe gli argini della sua maschera, cambia volto e inizia a diventare uomo; d’improvviso quando in questo animale maschio desiderabile, giocoso, intenso, inquieto e impenetrabile inizia a irrompere la Persona, il primo abbozzo d’uomo, quasi ingenuo, direi impacciato, e nel quale sorge un primissimo desiderio di relazione d’amore, in maniera così pura e apparentemente banale come può sembrare l’amore - tanto da far dire a Freccero “come un povero borghesuccio s’innamora”, quasi che il sesso sia proletariato e rivoluzionario e l’amore borghese e conservatore - in realtà la femmina si spaventa di fronte all’amore di quest’uomo che può esserle padre e che potrebbe aiutarla a diventare donna, e rifugge nella sua scelta davvero borghese e tranquillizzante di un uomo-ragazzino che non le scuoterà mai l’anima.
Di fronte alla possibilità di amore tra due persone adulte (solo incidentalmente un Uomo e una Donna) una delle due fugge uccidendo l’altra che la spaventa e che percepisce come sconosciuta. Così sconosciuta, così potenzialmente eversiva e facilmente individuabile come violenta, violenta come è la forza del fiume che scorre e “vuole” raggiungere il mare.
L’Uomo e la Donna non possono incontrarsi. L’amore vero è “troppo” per non rimanere confinato all’innocuo sesso. (o trasgressivo sesso, secondo la visione borghesuccia, quella sì caro Freccero)

Facendo un passo ancora oltre, per entrare in un altro messaggio universale, si potrebbero vedere questi due personaggi come parti del Sé di una sola persona e domandarsi: si può lasciar vivere in sé, in maniera armonica e integrata fino a diventare un tutto, la potenza del mondo delle sensazioni e delle percezioni, di quello delle emozioni e dei sentimenti, e di quello dei pensieri e della cultura?
Posso lasciar scorrere in me l’energia della sensualità, dell’emozionalità e del pensiero libero da ogni costruzione ideologica per vivere con pienezza?
Posso come Essere Umano non rinunciare, non arrivare a uccidere il mio potente desiderio di questa utopica unità?
Posso attraversare lo sgomento – che spesso è percepito come paura profonda - di diventare una Donna (o un Uomo) completa e dunque capace di incontrare realmente l’altro?


P.S. Quello che non si è perdonato realmente a Bartolucci non è il sesso estremo, ma la vera trasgressione eversiva, quella cioè di aver voluto unire il sesso con l’amore, in una vitalità profonda e potente che investe le sensazioni, le emozioni, i pensieri e le parole per realizzare quella pienezza individuale che solo l’equilibrio dinamico e mutevole di questi elementi può dare e che può costituire la base di una relazione vera, fatta da un autentico scambio tra persone umane intere, non di due dolci metà.
Non si è perdonato di aver segnalato come sia raro incontrare coppie capaci di una tale unione che sembra non potersi mai realizzare veramente. Un Unione che sconvolge le esistenze di ciascuno di noi e fa diventare la vita un atto creativo, un opera d’arte che non abbia necessariamente un filone unico come vorrebbe una società impaurita. Impaurita da un Uomo nuovo, “un Uomo affascinato da uno spazio vuoto, non ancora popolato” per dirla con le parole di Gaber.

Roma, 24 gennaio 2019

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24/01/2019

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